All’apparir del vero

Dialogo di Giacomo Leopardi e della morte

Testo vincitore del III posto al Premio nazionale di drammaturgia Scena&Poesia 2017

Ospite al Napoli Teatro Festival Italia 2018 diretto da Ruggero Cappuccio

Una produzione Teatro in Fabula

con Melissa Di Genova e Antonio Piccolo
testo e regia di Antonio Piccolo

aiuto regia: Giuseppe Cerrone, Marco Di Prima
disegno luci: Giuseppe Cerrone
addetta stampa: Gabriella Galbiati
foto di scena: Gennaro Manzo | Federico Cappabianca, Flavio Ricci | Antonio Buonanno
video: Federico Cappabianca, Flavio Ricci

debutto:
22 aprile 2017: San Giorgio del Sannio (BN) – Auditorium Cilindro Nero

repliche:
10-12, 19 novembre 2017: Napoli – Teatro Serra
22 giugno 2018: Napoli – Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale [Napoli Teatro Festival]
22-24 marzo 2019: Napoli – Zona Teatro Naviganti
30-31 marzo 2019: Acerra (NA) – Teatro Rostocco
7 novembre 2021: Aversano (GE) – Teatro “Il Sipario Strappato”
7 maggio 2022: Montella (AV) – Teatro Solimene
29 settembre 2022: Napoli – Teatro il Piccolo
24-25 febbraio 2024: Sant’Arpino (CE) – SMODA Teatro (3 repliche)

inoltre, è già andato in scena per le scuole 11 volte

Sinossi

Torre del Greco, 14 giugno 1837. Casa di Giacomo Leopardi. Il poeta è intento a comporre “La ginestra”, forse ultima opera, quando un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero, lo interrompe. Chi è? Un buffone o davvero la Morte, come dice? Convinto dalle sue prove schiaccianti, Leopardi esulta, contento di spirare… La delusione, però, è dietro l’angolo: la Morte non è qui per portarlo via, ma perché ha bisogno della penna del grande scrittore per indirizzare una lettera all’umanità…

Note di regia

Sul mio manuale del liceo la biografia di Leopardi finiva più o meno così: “a 39 anni lo colse finalmente la morte, a lungo invocata”. Bam! Niente di nuovo, verità risaputa, eppure mi stonava. Come può un uomo che – pur lamentandosi del dolore del mondo, delle miserie umane, della crudeltà della natura –  ha viaggiato in lungo e in largo per l’Italia (senza “alta velocità” e nemmeno automobili), ha amato le donne, il cibo, ha cambiato in continuazione generi letterari, scritto ininterrottamente… come può un uomo così vitale, insomma, detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine?

Qui comincia il gioco, ossia il play, ossia il teatro. Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e quasi tentasse di fargli cambiare idea? Il poeta, in fondo, ha amato la vita! E se portasse come “prove documentali” della propria tesi le sue stesse parole?

E come potrebbero parlare questi due personaggi? La Morte in prosa, per quanto elegante; Leopardi, naturalmente, in versi (ma non endecasillabi e settenari: non avrei potuto reggere il confronto con il meraviglioso originale).

Come se fosse un’operetta morale apocrifa, ho dunque immaginato il “Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”. E ho anche ritrovato un vecchio amico: il poeta che ho amato sin da ragazzo.