La scala erigenda di Edoardo Cacciatore

5 Novembre 2019

Teatro in Fabula

Foglio n.12

di Giuseppe Cerrone

A Orlando Cinque che, come me,
cammina a ritroso.

I

«La scala erigenda» di Edoardo Cacciatore (1912-1996)¹ è una delle liriche più belle del Novecento. Non solo per i significati che veicola e trasmette ma anche per l’impianto formale e visivo, esibito con spavaldo dinamismo. L’ambizione è la stessa che sottende la costruzione di imponenti cattedrali. Il componimento si articola in due strofe. La prima di ventuno versi, ripercorre, a volo d’uccello, tutte le lettere dell’alfabeto, dall’ultima la Z alla A, secondo un procedimento retorico e musicale, definito retrogradatio², che riporta in auge l’arte della fuga. Insomma si procede all’indietro, eppur si avanza nella presa del mistero e del mondo. La seconda strofa funge invece da coda³. Quando tutto sembra finito, Edoardo Cacciatore riattizza la brace incandescente e dall’inesauribile crogiolo del linguaggio, ricava una seconda strofa di sedici versi che ribadisce, moltiplicandoli, gli esiti della prima. Ma di cosa parla «La scala erigenda», cosa dice? È semplice. Questa lirica è un’esaltazione dell’amore fisico, carnale, in ultima analisi del matrimonio. Il genere è quello dell’epitalamio, ossia la lode incondizionata che la poesia, da millenni, rivolge al letto nuziale e alla passione amorosa che, in sussulti gioiosi, gli sposi inevitabilmente metteranno in atto nella speranza, nemmeno troppo remota, di contribuire al più presto al mantenimento e all’evoluzione della specie. Protagonista del componimento in questione è l’uomo stesso che invita l’amata ad abbracciare quella verità, scaturita dagli astri (Zampilla uno zodiaco da ogni zero), che avrà come auspicabile e sicuro effetto la nascita di un figlio. E a corroborare quanto detto, chiamo in soccorso lo stesso Cacciatore quando dice: La realtà non ha radice / Si spande a liquida cera”, chiaro riferimento al seme liberato nell’amplesso. Oppure: realtà dalla radice rendici (in corsivo nel testo) dove la realtà che ci si desidera procurare dalla radice, vale a dire dall’origine irrecuperabile, non è che quella della fertilità della Terra, della Natura, della Specie che reca in sé, unico effetto, la ‘donna con bambino’, e sia detto con l’auspicio di non accendere ipoteca alcuna da un punto di vista religioso. Anche qui, come in Bresson e Nick Drake, il tema è quello della donna salvifica, senza necessariamente propendere per questa o quella dottrina, questa o quella confessione. Ma andiamo a leggere.

Zampilla uno zodiaco da ogni zero
Vieni vieni verso la via che va al vero
Unisci l’udito all’unanime universo
Tempera alla tastiera un tuo tema terso
Senti il suono che strappa sillabe semplici
Ripete realtà dalla radice rendici
Questua non è questa o querula questione
Paradiso prefigurato in un pavone
Offerta sì di olimpo ov’è oltraggio all’oggetto
Notizie native nemiche di un no netto
Moto che la magia del morire ha in mente
La libidine liberando lietamente
Incarnata in inganno inane e inavvertito
Hallalì hallalì ecce homo hai udito
Gridi gagliardi in un gorgo a gara gioiosi
Finito il furto e il furore infine festosi
Epitalamio encomio in eterno ti estrae
Docile dirada il danno e si detrae
Calunnia che ti carezzava con un cardo
Bene bisbiglia butta il bacio bugiardo
Amore avvera dov’era in auge l’azzardo 

La scala perché non sale ancora più in alto
Avrei gettato anche me stesso nella forgia
Di rampa in rampa e di slancio in salto
Non fu un percorso un viaggio fu un’orgia.
Un confondersi di sussurri un richiamarsi
I complici congiunti infine per amarsi.
Dov’è la scala è superficie
L’azzardo è ancora là dov’era
La realtà non ha radice
Si spande a liquida cera.
L’amore non più a caso ecco ridiscende
Per orecchi ha il mare la luce per fronte
Gradino gradino il desiderio lo prende
Ogni cavo di mano svuota in orizzonte.
Non v’è sommità e squarcio di cieli immensi
L’uomo è lo squarcio e la realtà in tutti i sensi.

L’ultimo verso, emblematico, richiama un orizzonte eminentemente laico, quello della modernità appunto, dove l’uomo, rifiutando paradisi artificiali, si destreggia così com’è, nel luogo in cui vive ed opera, insieme ai suoi simili, sfidando il caos ed elaborando sintesi.

L’uomo chiama la donna, invoca l’aiuto di lei, la esorta ad accompagnare al piano il suo canto che è canto d’amore, le dice che è urgente, che non c’è tempo da perdere, che bisogna mettere in atto una verità profonda, quella degli amanti uniti nel gioco dei sensi, uniti a festa nell’impeto della carne, perché questa non è una faccenda come un’altra ma un’impresa, la favola eterna. Quella dell’uomo e della donna e di un possibile figlio. Quella della specie che, nella differenza, si replica ed evolve. Ed allora il maschio si lancia vigliacco nel bacio bugiardo per violare l’azzardo, la femmina, per erigere un altro gradino e sconfiggere l’oblio. Arricchire l’albero della vita ed esorcizzare la morte, il nulla. Perché qualcun’altro possa fronteggiare il caos ed inseguire nuovi sogni, costruire ordini, scale (penso ad Escher⁶).

II

La struttura metrica è netta. La prima strofa è in versi endecasillabi a rima baciata. La seconda alterna endecasillabi e settenari per ritornare ai primi con un impiego della rima meno ovvio ma continuo. Nel momento della celebrazione dell’unione, del congiungimento sia fisico che rituale, i versi per così dire si «strozzano», andando a disegnare (nel passaggio repentino dall’endecasillabo al settenario, dal gradino  lungo al gradino corto) una sorta di piramide rovesciata, allusione all’organo femminile e alla riproduzione, in generale alla fertilità. Così attraverso progressioni fortemente icastiche, la musica procede dall’endecasillabo al settenario e sembra quasi mimare, almeno graficamente, un simbolo runico⁷, quello del triangolo dal vertice capovolto, che ricorda il sesso della donna, perenne creatore di vita.

Grazie, dal profondo del cuore, Edoardo. Con te la poesia è restituzione integrale delle cose.

Ad Orlando Cinque che un giorno canterà
«La scala erigenda» di Edoardo Cacciatore,
lo farà in teatro, con o senza pubblico, ed io sarò lì.

Caivano (NA), 29 ottobre 2019.

Note.

¹ Su Edoardo Cacciatore, Stelio Maria Martini, Il Tramonto della parola, pagg. 21-40. Bulzoni, 1999. Per il testo di Cacciatore qui preso in esame, si fa riferimento all’edizione Einaudi del 1996, Edoardo Cacciatore, Il discorso a meraviglia, pagg. 145-6.

² Giulio Ferroni. Introduzione a Il discorso a meraviglia di Edoardo Cacciatore, Einaudi, 1996, pagg. XVI e XX.

³ In musica e poesia, un passaggio ulteriore “che segue la conclusione naturale di un movimento” [The Oxford Dictionary].

⁴ Robert Bresson (1907-1999), grande regista francese.

⁵  Nick Drake (1948-1974). Primo esempio di musicista rock divenuto famoso dopo la morte, riabilitato su scala mondiale quando non era più in vita.

⁶ Il grande artista olandese (1898-1972) con le sue figure, le sue visioni, le superfici e il gusto della progressiva alterazione, della metamorfosi, non era molto distante dalla sensibilità di Cacciatore. Questo colpisce perché gli ambiti di espressione erano naturalmente differenti: Escher disegnatore, Cacciatore scrittore.

⁷ Rudolf Koch, The book of Signs, London, The Limited Editions Club, 1930.

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