Illusione, Gioco e Autenticità del Teatro

29 Maggio 2019

Teatro in Fabula

Foglio n.11

di Edmondo Lisena

«Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano».
(“Uno, nessuno e centomila”, Luigi Pirandello)

Frequentare un corso di teatro non può essere considerata un’esperienza come le altre. Chi scrive ha avuto la possibilità di far parte del laboratorio teatrale tenuto da Melissa Di Genova e Antonio Piccolo, attori della Compagnia Teatro In Fabula, conclusosi con lo spettacolo La Valigia dell’Attore, andato in scena nella serata del 24 maggio, a Lioni (AV).

La rappresentazione dello spettacolo ha lasciato in noi allievi un’altalena di sensazioni: la tensione per il debutto, la gioia della recitazione, l’emozione vissuta assieme agli spettatori, il piacere dei rapporti umani tra i componenti del gruppo teatrale, la passione per gli insegnamenti dei classici del teatro con cui ci siamo confrontati.

Alla fine del percorso svolto ci sembra giusto aprire un piccolo spazio per fare qualche riflessione, che può aiutarci a comprendere ciò che abbiamo realizzato e il tenore delle esperienze che abbiamo vissuto.

Dopo il percorso vissuto con Teatro In Fabula è lecito chiedersi perché frequentare un corso di teatro e, più in generale, quale significato può assumere il teatro nel mondo contemporaneo.

Oggi più che mai negli altri momenti dalla storia, siamo consapevoli di vivere in un’epoca diversa rispetto al passato. L’avanzamento incessante e senza freni della tecnologia, la diffusione capillare dei social, il ruolo egemone dei media, hanno trasformato la società, rendendola sempre più veloce, frenetica, a volte persino irrequieta. Il mantra della nostra vita è correre: corriamo per diventare qualcuno, per primeggiare sugli altri, per affermare il nostro ruolo nella società o sul lavoro, per stare al passo coi tempi, per seguire l’ultima moda. Spesso corriamo senza una meta ben precisa, quasi per inerzia, come se fossimo sospinti da una corrente più forte di noi e ci troviamo a orientare la nostra corsa verso modelli privi di valore, accolti supinamente dal mondo esterno. Ciò è ancor più evidente nel mondo dei social, dove, indipendentemente dalla qualità dei contenuti di ciò che si dice o si posta, la priorità sembra essere diventata la popolarità, ad ogni costo. Parafrasando Gaber, oggi non ha importanza la qualità delle cose che fai, l’importante è farsi conoscere.

Ma qual è il prezzo che stiamo pagando per tutto questo?

Se da un lato la società del benessere ha semplificato il nostro mondo, rendendolo più agiato e confortevole rispetto al passato, dall’altro lato la società dei media ci sta togliendo il tempo e lo spazio per riflettere sui valori autentici della vita. Siamo immersi nella superficialità dell’apparenza e facciamo sempre più fatica a dare un significato valido e sensato ai momenti che viviamo nella quotidianità. La stima degli altri, la conoscenza di sé, l’affermazione in base ai propri meriti e capacità hanno lasciato il posto all’esibizione fine a sé stessa, al narcisismo esasperato, all’estetismo sterile, alla popolarità, spesso vuota e insignificante.

È proprio in questo contesto che il teatro si ritaglia uno spazio tutto suo, orgogliosamente anacronistico e controcorrente. Fare teatro vuol dire fermare la corsa della società. Quando si smette di correre, quando si esce dal vortice delle vite degli altri e ci si astiene dai modelli imposti e preconfezionati, resta un unico interlocutore: se stessi. Un laboratorio di teatro, anche per chi muove i primi passi in questo mondo, costringe a fare i conti con sé stessi. Il palcoscenico diventa per un attore (o meglio, un aspirante attore!) una sala degli specchi: nulla che riguarda il suo io può essere nascosto, ogni aspetto della sua persona emerge in modo vero e autentico. Autenticità è forse la parola chiave dell’attività teatrale. Un attore può fingere con il pubblico, ma non può fingere con sé stesso. Recitare vuol dire scoprirsi, conoscere il proprio corpo, sorprendersi delle proprie emozioni, coinvolgersi nelle relazioni con gli altri.

Indubbiamente per gli allievi di Teatro In Fabula il corso di teatro è stata un’occasione di svago e di divertimento, ma crediamo che per alcuni sia stato anche un momento per fermarsi a riflettere su sé stessi, lontano dalla frenesia del mondo attuale.

Ogni allievo avrà vissuto il laboratorio in modo diverso, ognuno secondo le proprie inclinazioni, aspettative e interessi. Tutti gli allievi, però, riconosceranno che la partecipazione al laboratorio ha lasciato un segno che va al di là rispetto al mero momento ludico. Nel nostro piccolo abbiamo assaporato il piacere dell’arte teatrale, in alcuni casi abbiamo scoperto aspetti di noi stessi che non sapevamo di avere, in altri abbiamo avuto conferma di ciò che sapevamo di essere.

Il confronto con autori quali Shakespeare, Molière, Cechov, De Filippo, ha portato alla luce le nostre emozioni, le nostre fragilità, i nostri punti di forza, gli aspetti migliori e peggiori della nostra personalità. Nelle opere dei grandi autori abbiamo colto, seppur per un attimo, il valore senza tempo delle passioni e delle emozioni dell’uomo. Come amava ripetere il filosofo medievale Bernardo di Chartres, noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.

Fare teatro è senza dubbio un gioco, che diverte chi vi partecipa. E come tutti i giochi, anche il teatro ha le sue regole. I maestri Melissa Di Genova e Antonio Piccolo hanno sapientemente condotto il laboratorio, riuscendo a trasmettere la loro conoscenza dell’attività teatrale. Il loro insegnamento, però, non si è limitato all’aspetto tecnico della recitazione, si è spinto oltre e ha cercato di dischiudere agli allievi l’essenza del teatro, per quanto ciò sia possibile.

Applausi per “La Valigia dell’Attore”

Chi scrive, per limiti propri, non sa se il teatro abbia un qualche tipo di essenza né, tanto meno, in che cosa essa consista. Ma assieme agli altri allievi di Teatro In Fabula ha imparato una piccola lezione: se la nostra vita vuole essere autentica non può fare a meno della forza dell’immaginazione e della libera espressione della creatività. Il teatro consente di rompere gli schemi imposti dalla società, uscire dal profilo che, a volte ad arte, a volte in modo spontaneo, ci creiamo tutti i giorni e dare libero sfogo alla nostra personalità creativa. In questo senso il teatro indica la strada per la ricerca della nostra autenticità.

Tornando, dunque, all’interrogativo di partenza: ha senso ancora fare teatro? Fino a quando avrà importanza conoscere sé stessi, scoprire la propria autenticità e farlo divertendosi e divertendo, dubito che il teatro possa perdere il suo valore. La speranza è che anche la società in cui viviamo si renda conto di tutto ciò, si fermi a riflettere su se stessa, prendendo a modello le forme creative e libere della recitazione.

Ha senso, allora, partecipare ad un laboratorio teatrale? La risposta è senza dubbio affermativa.

Farlo poi con Teatro In Fabula ha un sapore del tutto speciale.

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